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Brani tratti da alcuni scritti di LuziVi soffia la brezza che la mattina corre in direzione del mare e che a sera, ritorna più calda, verso terra. Da quell’oasi che si apre accogliente al mio esodo, intuisco l’ozio dei vegliardi, ascolto l’ascesa del fragore sordo e chioccio degli uccelli verso il canto, il silenzio, il grido di felicità che colma il giorno, l’operosità della valle che rimbalza e si risponde in opere artigiane, in mugli di motori spinti al solco delle arature. E ancora. un silenzio “non silenzioso”, in quanto voce e linguaggio della natura, dell’universo. Anzi, di più: un discorso continuo, sempre in atto, che, in verità a volte noi interrompiamo con un dire frammentario e provvisorio. Pienza e il suo paesaggio: una chiara immensa vallata, una fissità continuamente mutevole e trasecolante, l’infinito scritto e cancellato nel cielo e in quella terra aperta, mille volte al giorno. Così, nella mia nicchia di solitudine, mentre il giorno umano e non umano sfugge alla terra, dall’incavo dei suoi piccoli monti e si eclissa tra le pieghe dei suoi aridi dossi, l’animo elabora anche una nostalgia dei propri simili, del contatto con il mondo degli uomini: perché è nella separatezza che viene rivalutata la totalità. Il cuore, da una condizione di malinconia, deborda, allora, ad una “carità” universale che nasce dal senso acuto della fragilità umana, della vita, della bellezza. E tutto ciò è attesa, promessa. Pausa di privilegio alla mia traversata – sosta che l’animo in accelerazioni di slanci desidera smanioso e quasi ingordo – è la terra orciana, quella più alta, oltre San Quirico, fino a Montepulciano, a Pienza. Visione che appare come un fondale della memoria o un luogo del sogno su cui un oscuro senso esaltato percepisce il brivido d’una misteriosa ventilazione. Lassù, infatti, il vento è una specie di respiro misterioso del pianeta. |